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Channel: Natale – il blog di Costanza Miriano
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La sera del dì di Natale

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di Paolo Pugni

La sera del Natale mi rende triste, ma di una mestizia sana, pacata, lieve.

(Per inciso: che bella parola è lieve, così trascurata e derisa, forse proprio per quella leggerezza pastello che la rende inavvertita a chi non sa che farsene delle sfumature, della voce della brezza morbida e prudente.

 Che belli quei versi di Cristina Campo: con lieve cuore, con lievi mani, la vita prendere la vita lasciare)

Perché è un richiamo del Paradiso, una voce lontana che sussurra e attira. Che il giorno di Natale, da quando siamo famiglia, quindi dal 1985, è l’occasione per radunare insieme quella che mia moglie chiama con affetto “la nostra famigliona” e a dispetto del comune andare, non annida in sé parenti-serpenti né assomiglia a quel nido di vipere che Mauriac descriveva, né a stantie mummie. E’ un luogo di affetti, un cesto di personalità diverse, con spigoli e abbracci, ma con una sincerità affettuosa che anticipa gioie che nessun occhio poté mai vedere.

E’ un giorno speciale, che annuncia e convoca, e nello spazio di brevi ore promette e mantiene, senza esaurire, che le ore che scendono, e con esse il buio delle sera, finiscono per nascondere senza negare la gioia che verrà, allora sì per sempre.

Fin da piccolo avevo in cuore questo dolore appunto lieve, che ho imparato poi a chiamare melanconia, alla francese, perché questa lingua mescola altri ricordi, altri suoni, altre saudade: il dolore di non poter avere tutte accanto a me contemporaneamente le persone che amavo e poter discettare con loro in amorosi tratti. E soffrivo nel distacco, nella separazione, in quella cesura che comunque il tempo impone e la nostra fragilità suggella. Ecco, se me lo provo ad immaginare il Paradiso, è quel luogo dove posso comporre tutti gli affetti della vita, senza competizione, senza sovrapposizioni, senza rivalità né interferenze. Amare tutti con un sincerità semplice e asciutta, stesa ad asciugare senza ombre.

E il giorno di Natale mi parla di questo: dall’intensità di una fede che rimane nell’aria come una colonna sonora che c’è, ma quasi si cela come per avvolgere leggera senza incupire, alla presenza di coloro che rappresentano famiglia.

Poco importa se col tempo si scivola lontano: già perché per tradizione nella tavolata i posti vicino alla finestra spettano ai più agée, e da quando è stato inaugurato quel tavolo, di posti se ne sono liberati, e io, che sedevo ben lontano, lasciando spazio alle mie radici, ora sono lì, primo del lato lungo, radice troncata, a ricordare quelli che sono altrove, spero là dove spero un giorno anche io arrivare.

Questo è il Natale, una promessa, un anticipo, una luce che ti rimane dentro e ti ispira ad agire, che come lievito produce una piaga, che puoi curare solo con un amore che non sia flatus vocis  ma azione maschia e decisa.

Paolo Pugni



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